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Lezione di Da Silva al Politecnico di Milano
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picard
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 12:18 am    Oggetto: Lezione di Da Silva al Politecnico di Milano Rispondi citando

Quando si avvicina alla cattedra dell'aula CT 49 del Politecnico di Milano, in via Durando (sede di Bovisa), tutto sembrerebbe tranne che uno dei personaggi più importanti del mondo automotive. E invece quello che poi parla ininterrottamente per tre ore agli studenti del master in Car and transportation design è Walter de' Silva, il responsabile dello stile dell'intero gruppo Volkswagen, un uomo con 37 anni di carriera alle spalle - di cui 14 in Alfa Romeo - e la responsabilità di gestire un team di 800 persone e di tenere le fila di un centinaio di progetti in una ventina di centri stile in giro per il mondo.

Ed è un de' Silva spiritoso, appassionato, che cattura l'attenzione dei suoi interlocutori. Nel corso di questa specie di intervista-fiume, in cui a fare le domande sono loro, gli studenti, parla davvero di tutto. La crisi, per esempio. Va affrontata con la "bellezza necessaria" e la "semplicità espressiva", perché "non bisogna concedere ciò che non serve, ma dare estetica a ciò che è veramente necessario. L'overdesign non ha mai vita lunga. Anche il lusso dovrà semplificarsi".

E le auto ecologiche? De' Silva ritiene che "il piacere di guida si possa ottenere con qualsiasi fonte di energia. Quando avremo un'alternativa a emissioni zero sarà un grande momento, però dovremo essere in grado di fornire una vettura con costi, praticità d'uso e sicurezza analoghi a quelli delle altre auto. Nessuno vuole ricaricare un'auto elettrica per una giornata e usarla un'ora. Dobbiamo arrivare a fare come con i telefonini, li carichi un'ora e li usi per qualche giorno".

I MAESTRI DEL DESIGN Walter de’ Silva non si accontenta di sovrintendere allo stile dei sei marchi del Gruppo tedesco e appena può dà sfogo alla sua passione per il design dedicandosi anche all'attività di professore universitario, oltre che a quella di designer di oggetti di arredamento.
E’ accaduto di recente a Milano, in occasione del master in Transportation Design del Politecnico cittadino, primo ospite di una serie di incontri che coinvolgeranno importanti esponenti del car design. Tre ore di domande e risposte con gli studenti durante le quali il celebre stilista ha dispensato consigli, aneddoti e giudizi per riuscire nel difficile compito di disegnare auto.

INCONTRO INFORMALE Niente formalismi professorali però: in jeans e camicia bianca de’ Silva ha voluto subito mettere in chiaro che non si trovava lì per una "lezione" ufficiale ma per "dialogare" con gli studenti. E così è stato, con le domande incalzanti dei numerosissimi studenti accorsi che hanno trasformato l’incontro in una vivace "intervista" a tutto tondo sul mondo del car design. All’incontro eravamo presenti anche noi in qualità di studenti. Ecco come è andata.

PROSPETTIVE PER I GIOVANI Si comincia con una analisi sulle prospettive di questo mestiere. E’ un suo collega dei tempi dell’Alfa Romeo a rompere il ghiaccio, l’ingegnere Merlini, che immedesimandosi per un attimo nel ruolo di studente ha chiesto a de' Silva quali fossero le aspettative dell’azienda nei confronti di un neolaureato. Sono infatti numerosi i giovani talenti che hanno avuto problemi ad immettersi nel mondo del car design, bloccati da ostacoli che mai avrebbero pensato di trovare.

COME CAMBIA LA PROFESSIONE "Quello che è cambiato", dice de’ Silva, "è il modo di vedere la professione. Spesso si parla solo della magia dei creativi e meno della vera realtà del car designer. La definizione di design è semplice: disegnare, dare estetica ad un prodotto riproducibile nel tempo con costi corretti e che dia benefici all’azienda. Il gioco del designer diventa dunque per lo più una dura lotta con gli immensi vincoli strutturali ed economici, riducendo all’osso quella parte di puro gioco di fantasia che tutti si immaginano". Senza prescindere comunque da una dose elevata di passione, caratteristica fondamentale di ogni buon designer.

LA FORZA DELLA PASSIONE "Mi ricordo di Wolfgang Egger (attuale responsabile del design Audi e prima dell’Alfa Romeo) che arrivò all’Alfa Romeo con una tesi tutta sporca e un modellino di gesso sotto il braccio proveniente dalla Germania. Non aveva un curriculum luminoso come altri giovani stilisti che avevo incontrato, parlava poco ed era sempre sporco di gesso ma lo feci assumere in Alfa Romeo perché trasudava passione. Servono passione e capacità: è questo che mi aspetto dai miei collaboratori".

LA DEVIANZA DAL PRODOTTO "L’accesso difficile al mondo del lavoro da parte di un giovane dipende poi dal brutto momento che si stiamo vivendo. Torino, Milano e l’Emilia sono stati la culla del car design in un momento di forte esplosione economica; oggi purtroppo le cose vanno diversamente. C’è crisi. Parte della colpa però sta anche negli stessi designers. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un forte impoverimento della professione e la necessità di sfornare nuovi modelli in tempi ristretti ha causato la diminuzione dell’attenzione e dell’amore verso il singolo progetto. Bisogna tornare a sedersi intorno ad un tavolo e mettere in discussione le idee di tutti, abbandonando ogni forma di egoismo che fa vedere il proprio lavoro come il migliore sulla piazza."

NUOVI SCENARI MONDIALI "Il mondo del car design" continua de’ Silva, "è cambiato negli ultimi anni anche per un altro fondamentale aspetto: il mercato è passato da un livello nazionale ad un livello mondiale, così che oggi non si pensa più a produrre una singola vettura bensì una famiglia di vetture. Il progetto va dunque concepito tenendo conto di tutte le varianti da realizzare sulla stessa piattaforma, disegnando per di più delle linee che possano essere apprezzate in Europa come in America ed in Oriente. Ma queste limitazioni non vanno viste come un muro invalicabile: la creatività non nasce infatti dalla libertà ma dai limiti che caratterizzano ogni progetto. Più sono i limiti e maggiore è la creatività che si deve esprimere, in modo da riuscire a creare una vettura stupenda nonostante le regole severe imposte dal package".

LA BELLEZZA NECESSARIA Quanto alla bellezza necessaria per il successo di un’auto de’ Silva cita Porsche, Issigonis e Giacosa, definendoli allo stesso tempo padri del design e di quella stessa bellezza necessaria. "Bisogna dare estetica a ciò che è necessario e fare in modo che questo rimanga nel tempo e venga ricordato. Proprio dall’analisi delle icone del design si capisce cosa sia quella bellezza, che sta anche alla base dell’industrial design. Il fondamento principale resta infatti la realizzazione di un progetto che sia responsabile. Se c’è la componente di responsabilità il progetto sarà giusto."

IDENTITA’ DI MARCHIO E c’è questa componente tra le auto di oggi? BMW X3, Audi Q5, Mercedes GLK non sono un po’ troppo omologate? Dopo essersi scusato perché non fa ancora un grande uso del PC, de' Silva mostra una serie di lucidi del brand Audi. " Questo che vi mostro è un volume che aggiorniamo ogni anno ed è diverso per ogni marchio del gruppo VW. Si intitola "Design Criteria" e contiene tutte le linee guida di design che un modello deve seguire. Si potrebbe leggere un po’ come il Dna di una persona, che detta i caratteri cui un marchio come Audi non può non rispettare. E’ così che si costruisce quella identità che rende una vettura riconoscibile e diversa anche dalle avversarie dello stesso segmento. E si diventa vincenti solo nel momento in cui si riesce a comunicare una forte personalità."

IL BUON PRODOTTO? "Il primo segnale per percepire se siamo di fronte a un buon prodotto è la reazione dello stomaco! Quando la mattina arrivi in ufficio il tuo progetto deve provocarti un sorriso spontaneo, la tua idea deve piacerti anche dopo mesi che ci lavori sopra. Un altro trucco è chiudere gli occhi e toccare il modello, perché il tatto, a volte, ti suggerisce molto di più di ciò che i tuoi occhi ti dicono."

LA SFIDA PIU’ GRANDE "La nuova TT, per esempio, è il progetto che più mi ha fatto tribolare in questi miei primi 37 anni di carriera" dice de' Silva. "La prima domanda che mi sono fatto è come deve essere una TT. Come una TT! mi sono risposto, consapevole della grande difficoltà che avrei trovato nel rinnovare il volto di un’icona del design, tanto riconoscibile per quella sua architettura che non poteva di certo essere cambiata".

L’IMPORTANZA DI MARILYN "Così, prima di iniziare a tracciare le prime linee della nuova TT mi feci fare dei modelli in scala reale, per capire quali proporzioni avrebbe dovuto avere, considerando le nuove norme di sicurezza e i vincoli meccanici del futuro modello. I ragazzi mi presentarono svariate prove: erano tutte dei veri obbrobri! Fu così che incaricai un ragazzo di stamparmi una foto di Marilyn Monroe in scala 1:1, che portai alla riunione con i vari ingegneri. Iniziai la mia presentazione mostrando una foto di Marilyn, chiedendo a tutti quanto pensassero fosse alta. 175 cm, 180, 185… nessuno che sia sceso sotto il metro e settantacinque. Marilyn Monroe era alta 166 cm! Con questa introduzione dimostrai loro quanto fossero importanti le proporzioni in un’auto come in una bella donna, e senza queste non avrei dunque disegnato neanche una linea per definire lo stile della nuova sportiva.

LA DS NEL CUORE "Penso che la più bella auto di tutti i tempi sia la Citroën DS 19, non solo per le linee stupende disegnate dall’italiano Flaminio Bertoni, ma anche per le sospensioni regolabili, per l’architettura, lo sfruttamento degli spazi, l’aerodinamica... era perfetta!". Trasudava passione da tutti i suoi pori, come i vetri a giorno e il tetto traslucido che diffondeva la luce nell’abitacolo.

L’IMMOBILITA’ DELL’AUTO Perché l’auto invece è rimasta così uguale a se stessa in tutto questo tempo? "Perché i vincoli che limitano la forma esterna sono tanti: abbiamo visto prima la questione dei costi e del package, così come le norme di sicurezza, la limitazione degli ingombri esterni, ecc… Lo sviluppo inoltre è legato alle innovazioni dei singoli componenti… come ad esempio i motori elettrici che, posizionati nelle ruote, permetteranno di certo nuove architetture.

Il più grande problema resta però il fatto che l’auto è l’oggetto più complesso da progettare perché deve offrire tante cose. L’auto non è una barca a vela da regata che ha un uso specialistico, ma un "oggetto" di uso quotidiano che deve soddisfare i più svariati clienti in altrettante svariate situazioni. Prendiamo il futuro Maggiolino: "sarà più fedele all’architettura originale, risultando meno giocattolo e più auto".
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 7:10 am    Oggetto: Rispondi citando

Grande Maestro Desilva, dice delle cose troppo giuste.
Effettivamente l'Altea più la guardo e più mi piace, è un disegno che ancora non sente il peso degli anni, lo puoi guardare da 1000 angolazioni diverse, e non trovi mai una linea fuori posto, credo che questo voglia dire fare un buon progetto.
Grazie a Picard per lo spunto.
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 8:13 am    Oggetto: Rispondi citando

Un articolo davvero interessante!! Grazie per averlo inserito Picard. ok

Davvero fortunati i ragazzi che hanno potuto dialogare con De Silva in università.
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 8:41 am    Oggetto: Rispondi citando

Purtroppo era aperto ai soli studenti e ai docenti del solo corso di Design, non era aperto a tutti.
Penso comunque che meritasse...
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 10:03 am    Oggetto: Rispondi citando

Grazie al Maestro De'Silva x aver " messo al mondo " la ns amata
Altea: penso che, come detto in precedenza da picard, bisognerebbe rendere accessibili a tutti tali eventi.
Determinati passaggi,a me personalmente, sono parse vere e proprie " lezioni di vita " ok ok
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 12:40 pm    Oggetto: Rispondi citando

E' una di quelle teste che tengono alto il "Made in Italy", o almeno come per l'Altea un tocco di classe, della serie:

Italian,... do it better ! ok

Ce ne sono altri del suo rango che reputo molto validi, uno tra questi Renzo Piano.
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 4:20 pm    Oggetto: Rispondi citando

un Grazie a Walter de' Silva per la nostra Tea ok e per il nostro Made in Italy ok
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MessaggioInviato: Mar Ago 18, 2009 9:56 pm    Oggetto: Rispondi citando

De Silva è un mago. E' verissimo: è merito suo e di altri pochi che il Made in Italy resta ancora a galla.

Automobilisticamente parlando, solo in Fiat potevano non comprenderlo.Come anche, a mio avviso, Luca de Meo.


ciaociao ciaociao
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MessaggioInviato: Ven Ago 21, 2009 5:31 pm    Oggetto: Rispondi citando

ciaociao rickg78 concordo pienamente con te ok dopo la 156 auto dell'anno 1998 e la 147 auto dell'anno 2001 cosa volevano di più incavolato oggi usano e sfruttano ancora la sua linea ok
non immagino la faccia di De Silva al cospetto della mitica e dimenticata Alfa Arna risolino risolino risolino risolino
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MessaggioInviato: Ven Ago 21, 2009 7:01 pm    Oggetto: Rispondi citando

"Bisogna dare estetica a ciò che serve" secondo me è la frease che meglio rappresenta il modo di concepire lo stile di De Silva... e lo si vede dalla pulizia della linee delle Alfa 156 e 147 (parlo dei modelli originali, non dei restyling...): pochi fronzoli, linee pulite, fiancate filanti.
Concetti che poi ha portato in Seat e in Audi, alla faccia di chi in Fiat non ha voluto dargli ulteriore spazio...
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MessaggioInviato: Sab Ago 22, 2009 12:46 pm    Oggetto: Rispondi citando

L'esempio in Audi è la TT ok dove l'impronta stilistica si vede notevolmente ok
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MessaggioInviato: Lun Ago 24, 2009 7:08 am    Oggetto: Rispondi citando

Il problema del design di una macchina (automobile) è comunque legato alla polifunzionalità del mezzo, ovvero quando qualcosa è poifunzionale per tante cose non è mai funzionale al massimo per una.
E' molto più facile esprimersi bene, dal punto di vista creativo, in una lampada o nello scopino del cesso (monofunzione) che in una cosa che deve andare bene per tutte le stagioni, da solo o in compagnia, per lunghi tratti e per spostamenti brevi, per città e autostrada.
Questo è un po lo stesso problema del SW e della compatibilità dei SO con vecchi programmi.....
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MessaggioInviato: Lun Ago 24, 2009 10:15 pm    Oggetto: Rispondi citando

Lo so che si scatenerà una reazione a catena, ma una cosa la debbo per forza dire.
Vengono fatte certe auto, come la Multipla la cui linea a mio avviso è orrenda, soprattutto la prima serie nella quale viene privilegiata la funzionalità e l'originalità di avere sei posti disposti su due file.
Ma caspita, colui che l'ha disegnata doveva essere proprio alle prime armi, oppure deve essersi impegnato a fondo per riuscire a realizzare una obrobbriosità del genere.
Vedi invece la Honda: ha creato un'auto con uguale impostazione dei sedili che è già più guardabile.

A volte credo che non ci voglia poi più di tanto a far qualcosa di decente ed allo stesso tempo originale.

ciaociao ciaociao
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MessaggioInviato: Mar Set 27, 2011 7:35 am    Oggetto: Rispondi citando

Segnalo un bell'articolo su Walter da Silva del Corriere

«Disegno e accarezzo le auto L' ultima l' ho creata in aereo»

De Silva: «Una matita tra le nuvole ed ecco la up!» Per capirla, un' auto va lavata. Quando c' è qualcosa che non va di un modello, chiudo gli occhi e lo tocco, lo sento...»

FRANCOFORTE - Up come, tradotto dall' inglese, «alto». La coincidenza sarà casuale, ma è degna di nota: l' ultima citycar della Volkswagen è stata disegnata in volo (in alto, appunto) da Detroit a Francoforte. A rivelare il retroscena è l' autore dell' opera, per così dire, acrobatica: l' italiano (di Lecco) Walter de Silva. «Era l' inizio del 2007 - ricorda il capo del design del Gruppo Volkswagen. - Di ritorno dal Salone di Detroit, Ferdinand Piëch (il capo carismatico del gigante tedesco, ndr ) mi prende da parte e mi dice: "Dobbiamo fare un' auto piccola, ci lavora sopra?". Altroché. Mi ci butto subito, in aereo. Ho già un' idea abbastanza nitida in testa. E il modello che nascerà di lì a qualche mese sarà praticamente ricalcato su quegli schizzi fatti a matita su un quadernetto». Al Salone di Francoforte dello stesso anno, la Volkswagen Concept up! si fa notare. Ha quattro posti e il motore posteriore. È lunga 345 centimetri. La carrozzeria è levigata, essenziale, zero linee superflue. Il «musetto» è pulito e sveglio. Guardi de Silva e ti rendi conto che un' auto così, razionale e leggera, deve averla pensata proprio un uomo così: rasatura perfetta, non un capello fuori posto, l' occhio azzurro che emette lampi di ironia, e autoironia, da dietro le lenti invisibili e squadrate. Ancora la up!, ancora Francoforte. Quattro anni dopo. Il modello di serie è più lungo del concept e ha la trazione anteriore, ma il design non ha tradito l' ispirazione originaria. Lo stesso «musetto» sorridente, lo stesso spirito. De Silva ne parla in una serata dopo-salone, in cui passato e presente s' intrecciano senza badare alle formalità. Via la cravatta, su le maniche della camicia e andiamo, a ruota libera. A cominciare dalla sua condizione di «emigrante», da 13 anni. Da quando lascia l' Alfa Romeo (sua la 156, Auto dell' anno 1998, pietra miliare del design contemporaneo; sua la 147, Auto dell' anno 2001) e va alla Seat. «Stavo per firmare con una casa francese quando mi chiamano dalla Germania: Piëch ti cerca. Lo incontro e accetto la proposta: a Parigi preferisco Barcellona. È una scelta di vita». Dalla quale ricaverà molte gratificazioni. «Perché qui, alla Volkswagen, c' è rispetto per le persone - dice -. Se investono su di te, ti danno spazio. Sanno fare collettivo e considerano i risultati. Se fai il capo del design, sei riconosciuto come tale da tutti». Altrove, invece... Per spiegarsi meglio, de Silva racconta di quando rimase bloccato a Monaco a causa di una nevicata. «A Wolfsburg si riunisce il board per la presentazione dei futuri modelli. Sono quattro incontri l' anno, 30/35 proposte da esaminare ogni volta. Martin Winterkorn (presidente del Gruppo, ndr ) sposta tutto di un giorno: "Senza de Silva non se ne fa niente". Capito cosa significa rispetto?». Ma non è che in Germania de Silva viva nella bambagia. Ci sono anche gli spigoli. E lui li affronta da uomo d' azienda quadrato («Gestisco 1.300 persone, tra tutti i marchi. Più altrettante nell' indotto») e italiano schietto. Che in Germania è venuto a lavorare: «Non in vacanza». Come disse a muso duro, all' epoca della nuova Polo. Ecco il suo resoconto: «È la fine del 2007, io sono appena passato dal marchio Audi alla Volkswagen e mi trovo sulla scrivania la Polo. Non va bene: lo dico chiaro. Gelo. Proviamo a sentire Giorgetto Giugiaro, giusto per una verifica: stessa risposta. Così mi danno un mese per fare un' altra Polo. Ma quando la presento i commenti sono negativi: i test di mercato, i clinic , sono negativi. E invece io ci metto la mano sul fuoco, la sento. A sciogliere la tensione ci pensa Winterkorn: "Finora ha avuto ragione lui, procediamo"». Adesso quell' auto è prima in Europa nella sua classe, seconda assoluta dopo la Golf. «Dicevano che era noiosa... Oggi penso alla Polo e mi addormento sereno». Ma potrebbe pensare anche alla A6. Passo indietro: 2002. «Sono a Barcellona, alla Seat, quando appena prima delle ferie mi chiamano. L' incarico è pesante: la nuova A6. Mi procuro l' auto e la studio nei dettagli. Qualche idea c' è, ma manca l' elemento forte. Finché sulle immagini in bianco e nero di un' Auto Union degli anni Trenta, l' auto con cui correva Hans Stuck, ho... la visione». Andate su Google, menù Immagini, e scrivete Auto Union Hans Stuck : capirete. Il pezzo mancante è il single frame , la grande calandra che oggi domina il frontale delle Audi. Per essere precisi: che porta un' immensa fortuna alle Audi. «Anche in questo caso i clinic sono negativi. Un giornalista scrive con sarcasmo che "de Silva ha messo il calorifero sul muso delle auto". Una rivista americana, conservo quel numero, dice che "de Silva vuole distruggere l' Audi"...». Ma anche quella volta ha ragione lui. Lui che il successo, anziché inseguirlo con i clinic , che hanno le loro buone ragioni, lo sente con la pancia. «Se mi dicono che un progetto ha superato i clinic mi vengono i sudori freddi, perché ciò significa che, paragonato ai rivali di quel determinato momento, non è abbastanza innovativo». Pure nella genesi della A5 («L' auto che preferisco, tra tutte quelle che ho disegnato») la pancia ha un ruolo importante. «Fine 2005, board riunito per il congelamento dello stile: di lì a 22 mesi l' auto deve essere lanciata. Quando tocca a me, dico: no, scusate, non la sento... Il posteriore non mi convince... Fermi tutti. In pochi giorni rifaccio il modello e alla vigilia di Natale lo mostro a Winterkorn. Risposta: "Avevi ragione, adesso è più bella"». La pancia. Il posteriore («La parte più sensuale delle auto»). E le mani. La mano destra, che disegna sulla pagina di un quaderno. Ed entrambe le mani che tastano le forme, sondano il senso delle superfici. «Per capirla, un' auto va accarezzata. Va lavata. Quando c' è qualcosa che non mi torna di un modello, chiudo gli occhi e lo tocco, lo sento...»: ragione e voluttà, i due poli inseparabili nella vita di Walter de Silva. Che non avrebbe soltanto storie di colpi andati a segno da raccontare, ovvio. «Ho disegnato anche auto brutte, giudicandole adesso. Quali? Lasciamo un po' di mistero...». Un omaggio alla voluttà, appunto. Roberto Iasoni RIPRODUZIONE RISERVATA **** Chi è Walter de Silva è nato a Lecco il 27 febbraio 1955. Comincia alla Fiat nel ' 72. Nell' 86 è all' Alfa Romeo: 155, 145, 146, Gtv, Spider, 156 e 147 sono opere sue. Nel 2000 entra nel Gruppo Vw per la Seat. Nel 2003 passa all' Audi. Dal 2006 dirige il centro stile del gruppo tedesco

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MessaggioInviato: Mar Set 27, 2011 8:21 pm    Oggetto: Rispondi citando

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